Giorni Rappresentativi by Walt Whitman

Giorni Rappresentativi by Walt Whitman

autore:Walt Whitman [Whitman, Walt]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-03-25T12:12:08+00:00


LE QUERCE E IO

5 sett. ‘77. Scrivo (sono le 11 del mattino) sotto una folta quercia nei pressi del ruscello, dove ho trovato riparo da un acquazzone improvviso. Ero sceso quaggiù (alla prima schiarita, un’ora fa, dopo un’intera mattinata di tetra acquerugiola) per praticare il semplice esercizio quotidiano di cui ho parlato e che tanto mi piace - tirare quel giovane rampollo di noce lassù - barcollando per poi arrendermi al suo fusto eretto, a un tempo flessibile e duro - forse perché parte della sua fibra elastica e della sua limpida linfa passi nei miei muscoli invecchiati. In piedi sull’erba, mi sottopongo per circa un’ora a queste sferzate di salute, ma con moderazione e a intervalli inalando l’aria fresca a grandi sorsate. Per riposarmi durante i miei vagabondaggi lungo il ruscello, ho sempre tre o quattro posticini naturalmente ospitali - a parte la sedia che mi trascino dietro e che uso soltanto in determinate occasioni. In altri luoghi appropriati ho scelto come attrezzi della mia palestra naturale, oltre al noce già menzionato, certi rami di faggio o caprifoglio, robusti ed elastici e facilmente raggiungibili, per esercitar braccia, torace e i muscoli del busto. Subito posso sentirne il vigore e la linfa montare in me come mercurio al calore. Mi afferro con carezzevole presa ai rami e agli alberelli sottili nell’intrico di sole e d’ombra, lotto per un poco contro la loro gagliardia innocente - e in quello so che la loro virtù si trasfonde in me. (O forse è un vicendevole scambio - forse gli alberi ne sono più consapevoli di quanto io abbia mai pensato).

Ma adesso, piacevolmente imprigionato qui sotto la grande quercia - la pioggia che stilla e il cielo coperto di nuvole plumbee - solo lo stagno da un lato, e dall’altro una chiazza d’erba punteggiata dai lattei fiori delle carote selvatiche - il suono di un’ascia che picchia su una catasta di legna lontana - in questo paesaggio monotono (come lo definirebbe molta gente), come avviene che io sia tanto (quasi completamente) felice e solo? Perché qualsiasi intrusione, anche di persone a me care, spezzerebbe l’incanto? Ma sono poi solo? Certo giunge per tutti un momento - e forse è già giunto per me - in cui si sente con tutto il proprio essere, e in ispecie con la parte emotiva di esso, quella identità tra l’io soggettivo e la Natura oggettiva che Schelling e Fichte amano tanto sottolineare. Come avvenga non so, ma spesso io percepisco qui una presenza - nei momenti di chiarezza ne sono anzi certo, e né chimica né logica né estetica sapranno mai darmene la benché minima spiegazione. Per tutto il tempo delle due scorse estati essa ha corroborato e nutrito come non mai dianzi il mio corpo e la mia anima malati. Ti ringrazio, invisibile medico, per il tuo dolcissimo farmaco silenzioso, per i tuoi giorni e le tue notti, per le acque e l’aria, le rive, l’erba, gli alberi e, perché no, la gramigna!



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